domenica 3 maggio 2009

Profilo linguistico della Sardegna (in fieri)


PROFILO LINGUISTICO DELLA SARDEGNA



Capitolo II

Tratti tipici della lingua sarda


La lingua storica della Sardegna è il sardo, un tempo parlato in tutto il territorio dell’Isola. Le diverse vicende storiche hanno dato luogo all’impianto o alla formazione di altre lingue nel territorio isolano. Nel territorio della Gallura – già da epoca preromana in contatto culturale con la Corsica, contatto, anche linguistico, poi rimasto endemico per tutto il medioevo e oltre – si è infatti impiantato a partire dai secc. XIV-XV il dialetto corso *meridionale; l’area linguistica gallurese, nelle cui parlate è comunque presente una consistente porzione di lessico sardo-logudorese, occupa una superficie di kmq *** e interessa circa 100.000 parlanti. Nell’area sassarese (Sassari, Porto Torres, Sorso Stintino), a partire dalla città di Sassari si venne formando nei secc. *XIII-XIV una parlata mista, a base grammaticale e lessicale toscana (pisana) ma largamente compenetrata dall’elemento sardo logudorese; l’area linguistica sassarese occupa una superficie di kmq *** e interessa circa 170.000 parlanti. Ad Alghero (40.000 abitanti) si impiantò, a partire dalla conquista aragonese nel sec. XIV, il catalano; mentre nell’isola di San Pietro, fino ad allora completamente disabitata, fu fondata, in epoca sabauda nel *1738 dai coloni liguri provenienti dall’isola di Tabarca (prospiciente la costa africana tunisino-algerina); *il dialetto tabarchino si estese poi a Calasetta, nella parte settentrionale della vicina isola di Sant’Antioco: questa varietà ligure interessa circa 10.000 abitanti.

La lingua sarda, testimoniata dalle scritture fin dagli ultimi decenni del sec. XI, non ha mai conosciuto una varietà sovralocale, se si esclude la coinè letteraria a base logudorese, impiegata, soprattutto ma non solo, da poeti e letterati a partire dal tardo sec. XVI fino ai primi decenni del Novecento e anche oltre, mentre la variante cagliaritana ha spesso funto da variante ‘colta’ nella metà meridionale dell’Isola.
Le differenze areali sono già tendenzialmente presenti fin dalle prime manifestazioni scritte (che peraltro, come proprio e ovvio di ogni registro scritto, tendono a occultarle) del sardo e sono andate progressivamente aumentando nel corso della storia linguistica sia per i diversi contatti linguistici del sardo con altre lingue, sia per differenti modalità evolutive delle medesime diverse aree linguistiche.

Tuttavia queste differenti aree geolinguistiche sarde condividono un buon numero di fenomeni:

Fonetica.

Il sardo presenta un sistema vocalico a cinque elementi fonematici tonici con varianti metafonetiche per la vocali medie e ed o. In pratica mentre nella più gran parte delle aree romanze la Ĭ e la Ŭ (brevi) latine hanno dato luogo, confluendo rispettivamente con la Ē e con la Ō lunghe, ad é e ad ó (fonologicamente) chiuse, in sardo tali vocali sono rimaste inalterate: nìe (< voleo =" ‘(io)">

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Capitolo III

I dialetti della lingua sarda


Come già detto sopra il sardo non ha mai avuto una unità linguistica, almeno per quanto riguarda l’uso comune e diffuso; il sardo ha semmai avuto, come pure abbiamo ricordato sopra, una coiné letterario poetica basata sul logudorese (o, per la precisione, sulla variante logudorese che ha come centro areale Bnorva, e che da un punto di vista lessicale tende verso l’introduzione di materiale esogeno, soprattutto italiano, ma pure iberico, catalano e castigliano); mentre la variante cagliaritana ha spesso, funto, e in certa misura ancor oggi funge, da variante sociolinguistica colta urbana in buona parte del meridione isolano.

La lingua sarda presenta una fondamentale e storica bipartizione che divide linguisticamente l’isola in due metà, l’una che potremmo dire latamente logudorese a nord e l’altra latamente campidanese a sud: differenziazione già evidente a partire dalle prime manifestazioni scritte, che cominciano ad apparire nel tardo sec. XI, del medioevo sardo.
Difficile dire le ragioni e le cause storiche di questa primaria divisione areale, in buona parte immerse nella ‘protostoria’ della Sardegna medievale, per lo più ancora immersa nella nebbia in misura ben maggiore che per le altre aree o regioni storico linguistiche italiane europee (occidentali); e in particolare, soprattutto perciò che qui maggiormente ci riguarda e ci preme, misteriosa è l’origine dei giudicati, le quattro entità storico politiche, in cui era divisa la Sardegna nel medioevo, entità sovrane spesso in competizione e in guerra fra loro. Sembrerebbe certo che queste entità affondino la loro origine primaria nella politica bizantina e che il giudice fosse il rappresentante in Sardegna dell’imperatore di Bisanzio. Ma resta oscuro quale fosse il processo di progressivo distacco della Sardegna dall’impero d’oriente (forse mai formalmente consumato e consumato solo di fatto intorno alla metà del sec. XI), e soprattutto quale fosse stato il processo storico di quadripartizione del territorio sardo. Tale divisione in quattro parti fu immediata? O vi fu una primaria partizione nord-sud, a partire dalla quale ciascuna delle due parti si suddivise a sua volta in due: giudicato di Cagliari e giudicato d’Arborea a sud, giudicato di Torres e giudicato di Gallura a nord? Quanto questa divisione politica medievale influì, nel momento iniziale, sulla configurazione dialettale dell’Isola, ancor oggi in buona parte permanente nelle sue linee essenziali? Certo è che molti odierni confini di fenomeni dialettali (isoglosse) coincidono fondamentalmente non soltanto con gli antichi confini giudicali, ma anche con i confini delle antiche curatorie, ossia con gli antichi confini dei diversi distretti amministrativi in cui era diviso ciascuno dei quattro giudicati.
In ogni caso un fascio di isoglosse divide il territorio della lingua sarda in due metà:

- ­­mantenimento delle velari originarie latine a nord contro loro evoluzione in palatali a sud: CENTUM > kéntu /čéntu, CAELUM > kélu / čélu, CILIUM > kidzu / čillu, CEPULLAM > kiβudha / čiβudha, CENĀ PURĀ > kenàβura /čenàβ(u)ra (venerdì), ACETUM > aγédu /ažédu, TENACEM > tenaγe / tanaži (picciolo), VOCEM > bòγe /bòži, SCIRE > iskire /širi, PASCERE > pàskere /pàširi GENERUM > ĝéneru / ğéneru GELARE > ĝelare /ğelai, GINGIVA > ĝìnĝi(v)a (o ĝinĝìa) / il meridionale sìntz(i)a ha un evoluzione particolare parzialmente influenzata dallo spagnolo encía, STRINGERE > istrìnĝere / strìnğiri, SPARGERE > ispàrĝere /sparğiri (o spràžiri con metatesi), nuor. fùγere (<> fròre / fròri, PORCOS > pòrcos / pròkus, TENACEM > tenaγe / tanaži (picciolo), HODIE > ò(j)e / òi, FUNEM > fùne / fùni, PANES DULCES > panes durkes /panis dručis, TIMES, -ET > times, -et / timis, -it, -ARE > -are / -a(r)i, ′-ERE > ′-ere /
′-i(ri), -IRE > -ìri, -ì(ri);
come detto sopra, questa particolarità del dominio meridionale comporta la fonematizzazione delle varianti [è] ed [é] e delle varianti [ò] ed [ó], che vengono a trovarsi in opposizione fonematica sia pure a basso rendimento, sì che si creano un certo numero di coppie minime: témpus (< voleo =" ‘(io)">

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Gerolamo Araolla Rimas Diversas Spirituales



Rimas Diversas
Spirituales de Su
Dottore Hieronimu
Araolla Sardu
Sassaresu
IN CALARIS
Cun lissensia de su Superiore. 1597
Per Ioanne Galcerinu.


Edizione critica di Maurizio Virdis Cagliari 2006

© mVis !* Maurizio Virdis 2009


Por mandado del santo Officio deste Reyno de Cerdeña, he visto y leydo esta obra intitulada, Rimas diversas espirituales del Doctor Hieronymo Araolla en lengua Sarda, Toscana, y Castellana, y allende de ser por la variedad agradable, será a mi parecer por las materias provechosa a los que la leyeren, saliendo a luz, como entiendo que conviene que salga. Dat. en el collegio de Sacer de la Compañia de Iesus a los 11
de Março. 1596
Antonio Marignacio Sacerdote
de la Compañía de Ies\s.
Por mandado y comissión del Reverendíssimo S. Don Alonso Lasso Cedeño, Arçobispo de Caller, y Presidente por su Magestad en el presente Reyno de Cerdeña, he visto y leydo la presente obra compuesta en lengua Sarda, Castellana, y Toscana, por el Doctor Hierónymo Araolla Sassarés, llamada: Rimas diversas Espirituales; y en toda ella no he hallado cosa que contraria sea a nuestra Santa Fé Cathólica, o a buenas costumbres; antes en parte muy útil y provechosa, por ser sentenciosa, y de muchos avisos, y desengaños: y en parte deleitable, sin offensa, por ser curiosa, en materias varia, y de estilo appasible. Y assí (a mi parescer) puede y deve dexarse imprimir, y assí lo firme de mi mano hoy en Caller a 16 de Iunio. 1597
Antiocho de Doni Doctor en
sacra Theología.

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A DON BLASCU DE ALAGON
primugenitu, & successore de sos Istados de Don Artal de
Alagon Conte de Sastago.
1Si leet, ingegnu curiosissimu, qui Alexandru Magnu, fetende da sos soldados suos saquigiare, & distruer sa Citade de Thebe, lis cumandait expressamente qui sa domo de Pindaro Poeta liricu la lassarent in pees, & qui a nesunu de sa familia sua faguerent dannu alcunu; tantu fuit su respetu, & honore qui sempre li haviat portadu. 2De Tolomeo Re de Egittu hamus ancora intesu qui per ornamentu de sa libraria sua (de su quale si faguet da sos iscrittores famosa mentione) procurait qui li mandarent sos Athenienses copias de sas tragedias da Sofocle, & Euripide, duos graves poetas tragicos, compostas, & da sas insoro proprias manos iscrittas sas quales teniant cuddos in grandissima custodia & reverencia; 3& recusende cuddos de darelas, & succedende a pagos annos poscha in Athene una extrema penuria de trigu, non podende de haver in atteru logu nesunu si no da Egittu, su Re si nde alegrait meda qui da custa penuria si li offerreret occasione de poder haver s’intentu sou, 4pro qui comente non querfisint sos Athenienses sas tantu da cuddu desigiadas oberas dareli, mancu isse querfisit qui haverent portadu de su trigu, & qui forzados da su putu de su famen, li haverent mandadu prima sos proprios originales, de sos quales quantu si compiaguisit, bene lu mustrait Tolomeo, 5pro qui hapidos cuddos a sos Athenienses liberale si mustrait concedendelis trigu non solamente de quantu nde haviant bisongiu, mas d’ogni gabella, & gravesa francu.
6Da su testimongiu de cussos duos potentissimos & sapientissimos Rees (lasso per brevidade infinitos ateros exemplos & antiguos & modernos) si podet cun facilidade comprender de quanta estimacione, & reverentia a sos intelligentes sian dignos sos sacros, & divinos Poetas; 7& totu custu venit da sa rexone experimentada pro qui sutta sas fabulas da sos poetas inventadas andat sempre velada una profundissima dottrina de tottu sas cosas, & divinas, & humanas, & particularemente a sa vida de s’homine necessarias; 8& quie cuddas leende intro non bi faguet alguna speculatione dimustrat grande indisiu de fiaquesa d’ingegnu, pobresa d’isquire & incapacidade de discursu. 9Inhue non est maravigia qui no nde portet cudda admiratione qui sos dottos leant, sos quales cun sa agudesa de s’intellettu penetrende de sa superficie a su vivu de sa fabula, constrittos sunt a narrer cun Platone, & Aristotele qu’istetint sos poetas sos primos Theologos de su mundu. 10Sa poesia hat da exteriormente hue nudrire sos simplices & puros animos, & in secretu hue elevare sos savios, & altos intellettos quasi in terrenu pianu abba profunda, hue & sos angiones biant, & sos elefantes nadent; gasi ad alcunu hat como parrer leende unu poema, atteru que fabulas in cuddu non contenersi pro tratenimentu de sas otiosas oras; 11ma pro sa larguesa & profundidade de s’obera, atteros quale e nadu discorrende comente su Landinu subra Virgiliu si videt haver fattu, hant como agatare juntamente cun su artificiosu modu de narrer sos riccos thesoros de totu sas sciencias qui da su intellettu humanu apprender si pottant; 12da sas quales si vident prender sos poetas cuddas cosas, qui a sa insoro materia a prepositu vengiant, & qui sas insoro compositiones, & utiles, & deletosas juntamente faguer potan, non atteramente qui faguen sas industriosas abes in unu campu de fiores, qui de cuddos pius volenteri si cibant qui per istintu naturale conosquent esser sos megius a faguer cuddu licore, qui solas issas faguer solent; 13& si sa poesia per similitudine si narat pintura, antis pintura viva, & su pintore podet cun sos liniamentos, cun sas proportiones, & colores umbriguende, & rischiarende, & cun ateros artificios de sa pintura representare a su visivu sensu tottu sas cosas qui animadas, o inanimadas siant in su mundu. 14Quie non isquit quantu pius attamente podet su poeta cun sa efficacia de su narrer representare a quie leet sas matessi cosas de manera qui vengiat s’intellettu a recierlas non atteramente qui las reciet per mesu de sos sensos esteriores? 15da inogue succedit, qui segundu sunu sas materias trattadas da sos poetas, & segundu andat cun cudda acompagnadu su modu de narrer, sentimus, leende, mover in nois totu cuddos diversos effetos a sos quales sos animos nostros sunt suttapostos, 16& non solamente nos hat como moher a pietade sa causa miserable de alcunu, & a isdignu sa bascesa, & furfantaria de alcunu atteru, ma s’infamia d’unu homine vile, & malu hat como causare aborrimentu, & anchora avisu a querrer fuire cuddos attos bassos, & iscelerados pro sos quales in tale infamia si ruet, comente anchora pro su contrariu sas laudabiles oberas de su qui est prevenidu famosu nos hant como incitare cun una honorada invidia a imitarelu. 17Pro custa rexone sos Athenienses qui sas oberas de Homero in grande veneratione teniant, fettisint una legge qui in certos dies festivos qui issos chiamant Panathei, sos quales in honore de Minerva de quimbe, in quimbe annos si celebraant, si cantaren publicamente sos versos de su matessi Homeru; giudiquende qui per cuddas in sas quales diffusamente sas cosas laudabiles de valerosos homines si contan, multu megius qui de sa brevidade de sas proprias legges, restarent sos ascultantes persuadidos, & instrutos de su qui faguer, & fuire conveniat. 18Sos Lacedemonios su matessi ogni volta quando su exercitu insoro cun su inimigu a combater veniat, segundu unu insoro statutu unu pagu inantis de querrer combater, & cominciare sa batalla, convocare faguiant in su allogiamentu Reale sos soldados pro intender sos versos de Tirteo pro sos quales si animarent a tenner in pagu istima sa vida pro sa salude de sa patria. 19In grande prexu si teniat quie de alcuna de sas sciencias, o artes qui liberales si narant, fetende professione riescit in cudda eccellente. 20Hor si custu est veru, comente est verissimu, e quantu magiore gloria si devet a sa poesia, qui non compresa in su numeru de sas artes liberales, contenit, & abraciat in issa non solamente cuddas, ma quantas atteras sciencias siant, & divinas, & humanas? e quale cosa est, o si potat imaginare da sa pius suprema parte de sos quelos fini a sa pius infima de sa terra qui non potat venner in suggettu a su poeta, & d’ite sos poetas non hapant tratadu? 21Tenet posca sa poesia pro particulare privilegiu, & pro maggiore dignidade sua unu modu de narrer qui andat restrittu de certos numeros, procedit cun certos pees, & est distintu, & isparguidu tottu de certas lumeras, de sas quales fatu su intelletu de quie leet capace, venit a restarende sumamente inamoradu admirende sas maravigiosas inventiones, & juntamente cun cuddas sos ornamentos, & figuras de sa elocucione: 22& pro custu parsit a Platone de narrer qui sos poetas faeddant cun una certa limba subranaturale, & qui non si imparat sa poesia cun arte humana, ma qui procedit da una mente accesa de occultu furore divinu, da su quale venint qualchi volta sos poetas de tale manera infiamados in su exprimer sos insoro profundos concettos, qui vennidu cuddu posca a mancare, & infritaresi, & torrende a leer sas proprias compositiones, d’issos matessi si maravigiant, & cuddas mirant non comente da issos mas comente da atter pius elevadu ingegnu nasquidas; 23& volende mustrare su matessi Filosofu sa poesia comente si est naradu non da s’arte, non da su casu, ma da sa divina mente proceder, narat qui pro sa divina mente s’intendet Iuppiter, su quale tirat a isse cun violentia Apollo, ciò est su sole intesu pro s’anima universale de su mundu, 24& de tale anima det esser illuminadu su choro de sas musas, qui sunu noe significadas pro sas noe Sferas celestes, sas quales cun su giramentu, & motu insoro proportionadu generant cudda incomprensibile armonia illuminende cun su matessi lumen sos intellettos de sos poetas, qui a recier cuddu dispostos sunu, 25da su quale comente e inebriados, & ripienos de furore venint poscha sas dotes insoro, & altas compositiones iscriende. 26Ma lassende a parte sa autoridade de Platone, & su exemplu de sos poetas gentiles a sa matessi gentilidade, 27quie non isquit qui da sos ragios de sa divina mente illuminados cuddos tantu a Deu amigos, & in su mundu celebres poetas Hebreos, Moyse, & David, faeddant gasi altamente de sos secrettos e de sas grandesas de Deus, 28qui non podent sos intellettos humanos faguersinde capaces qui fatos non siant participes de su matessi lumen divinu? 29& quale unu abundante, & profundu fiumen per longu caminu discurrende segundu sa diversidade de sos logos, qui incontrat, diversamente si faguet vider s’aspettu, & in su mormorio sentire, 30gasi su artificiosu poeta, qui in diversas personas transformendesi diversas materias trattat, andat segundu sa variedade de cuddos sos concettos suos isparguendelos cun versos como dulques & suaves, & como ruggios, & asperos, & tale volta piaguivoles, & allegros, tale volta lacrimosos, & malenconicos, & quando cun humiles, & pianos, & quando cun graves & risonantes, & inogue si hat como mustrare unu moralissimu Socrate, poscha unu suttilissimu iscudrignadore de sa natura Aristotele, & como sa persone de unu risolutu, & valerosu Capitanu det representare, como de unu poveru, & arriscadu soldadu, 31& si hat como mustrare ancora sensa haver mai sulcadu su mare unu pratichissimu navigante, & sensa essersi mai partidu dae domo, unu esquisitissimu geografu, & sensa haver mai tratadu pingellu unu novu, & singulare Apelle, 32& in suma pro non consumare pius tempus concludo qui a su poeta solu comente per donu speciale de su quelu est concessu trattare de tottu sas cosas qui da tottu sos scientiados, & dottos de su mundu si trattan. 33Et isquende su gustu, & delettu, qui in leer cosas poeticas sentit, como siant Latinas, o Toscanas, o in quale si siat attera limba, 34& in sos annos passados quando fuit in custu Regnu Iuan Aguilera criadu de sa sua mi dimandait cun grande istancia algunas compositiones in idioma Sardu, non potisi a s’ora tantu pro sa pronta partida de su ditu Aguilera, comente ancora istetti forzadu andare a sa Corte Romana pro negossios proprios, mustrare su ardente desiggiu qui tengio, & tenia in servirela; 35mi est parfidu como, pro qui tengiat cognitione de sa limba Sarda comente tenet de sas de pius, faguer imprimer custas figgias mias spirituales, in diversos tempos, & per varios accidentes nasquidas, 36& apresentarelas pro pignora, & cabarra de sa servitudine mia, ponendelas sutta s’umbra de tanta autoridade inhue da ruggias, & infimas si hant como illustrare & arrichire, suppliquende cun serena fronte las acceptet cun cuddu caldu affettu, qui las apresento, 37& cesso preguende a s’altissimu Segnore pro sa vida & domo de sa sua, sa quale cun felicidade, & acresquimentu de pius istados conservet, de Sassari, a XV de Genargiu. MDXCVI.
Hieronymo Araolla.
2 Euripide,] Euripide tragicos,] tragicos 3 si nde] sinde 4 su putu de su famen] su putu famen 5 nde] de; d’ogni] dogni; 8 d’isquire] disquire; 9 no nde] non de qu’istetint] qui stetint fabula,] fabula 10 hat da exteriormente] hada exteriormente oras] orias 11 quale e nadu] quale e anadu hant] hat; 12 conosquent] conosquet 14 esteriores?] esteriores, 15 narrer,] narrer sentimus, leende,]sentimis leende 16 atteru, ma s’infamia] atteru ma s’infamia 17 Panathenei] Panathei contan,] contan 18 veniat,] veniat statutu,] statutu 19 narant,] narant eccellente] eccelente 20 liberales,] liberales humanas?] humanas, d’ite] dite; tratadu?] tratadu. 22 subranaturale] subra naturale 23s’intedet] sintendet; ciò] cio; narat] narant 27 Hebreos,] Hebreos 28 divinu?] divinu, 29 incontrat,] incontrat s’aspettu] saspettu sentire,] sentire 30 como de unu poveru] cono de unu poveru 31 como] cono 32 trattan. Et] trattan, & 34 proprios,] proprios
34 criadu] servo/dipendente della sua (altezza)

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I
Discursu de sa miseria humana.
1
Si mi paro a mirare sos andados
Tempos, qui mi lassaint pilos d’arguentu,
Et sos piagueres ranquidos passados,
De sos quales su fruttu est pentimentu,
Et sas offensas mias, & sos peccados,
Qui comittisi in su primu istamentu;
Tantu grave mi sento, & pienu vido,
Qui alzaremi da terra non confido.
2
Mi cobersit sos oyos de su mundu
S’iscura benda, & sa lughe solare
Non penetrait in me, postu in su fundu
De custu ansiosu, & de tempesta mare:
Giret su sole fiamigiende in tundu,
Qui sos oyos mi pottat isvelare,
Et segada sa benda, & russu velu,
Su coro cun sos oyos alze in quelu.
3
Mirende in altu, sa miseria mia
Connosquer potta, & pritte isteti nadu
Mi suvengiat ispissu in fantasia,
Pro qu’iste sempre alerta, & isbigiadu.
Anima colligada in compagnia
De custu afflittu corpus tormentadu,
Non ti suggettet cosa infima, & vile
Essende eterna tue fatta gentile.
4
Et si unu tempus ti pargisint bellas
Custas tragicomedias mundanales,
Inhue sumersas sunt milli ribellas
Almas contra decretos celestiales,
Non happat mare arena, in quelu istellas,
Ne foggias in sos tempos autumnales,
Quantu lagrimas falent da sas mias
Lughes, pro sas passadas frenesias.
5
Dicta, Segnore, tue, scriat sa manu,
Qui potta discurrende sa baxesa
Narrer de s’infelice istadu humanu,
Nasquidu in piantu, allevadu in tristesa;
De mundu non ti tiret premiu vanu,
Cun sa rette, qui tenet sempre tesa,
Mas aburri, & disprexa, e in odiu tengias
De cuddu sas caricias, rete, & engias.
6
Da hue nasquer ti det, terrestre humore,
Putridu istercu, rabbia e fantasia,
Cun carnale pruritu, e cun fetore
Concepta, monstruosa, & fera harpia,
D’ogni pianta terrena inferiore,
Tiranna, avara, crudele, & impia,
Vasu pienu de vicios, qui transportas
Sa candida columba per vias tortas?
VII
SONETTO
Fidele, antiga, secretaria mia,
Cun quie sola contai, sutta sa luna
Tottu sas penas mias, de una in una,
Quando attesu de me mortu vivia, 4
Cun cudda, qui non fallit mai sa via,
Acompagnadi in custa notte bruna,
Extintu su tirannu, & sa fortuna
Pustis qui ses torrada in segnoria. 8
Torque su cursu, da tempesta esortu,
Già qui de custu mundu has su guvernu,
Qui certu agattes como assentu, & portu. 11
Et dogni affettu de su coro internu
Rintegra in su qu’est unicu confortu
Pianguende su passadu, & doppiu infernu.
1 Fidele,] Fidele 4 vivia,] vivia. 5 via,] via 8 segnoria.] segnoria, 10 Già] Gia 12 dogni] d’ogni internu] internu,
VIII
SONETTO
Aspide surda, & cega Talpa fea,
A su qui ti protesto, & mustro ogni hora,
Itte mi quircas, itte pius ancora,
Pestiferu venenu, in forma rea, 4
Si da su coro meu, da custa idea,
Parizos annos sunt qui vives fora,
Vana isperansa, sola causadora,
Qui m’apartai da sa Regina Astrea? 8
Custas tenebras mias, chiaru, & serenu
Raggiu, resolve, & a sa destra passe,
Qui de sa tela mia su subiu est pienu. 11
Da s’unu extremu a s’atteru trapasse,
Concedimi, Segnore, tantu alenu,
Prima qui custa terra in terra lasse.
4 rea,] rea. 8 Astrea?] Astrea. Raggiu,] Raggiu 12 trapasse,] trapasse 13 Concedimi, Segnore] Concedimi segnore


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Introduzione allw "Rimas" di Gerolamo Araolla


Gerolamo Araolla
RIMAS DIVERSAS SPIRITUALES
Edizione critica a cura di
Maurizio Virdis

Cagliari
2006

© mVis !* Maurizio Virdis 2009


A nonna Rosina,
che parlava in sardo.

Introduzione

I. L’uomo, i tempi, l’opera

Può essere difficile, così come è per ogni origine, cercare di comprendere la nascita in Sardegna di una scrittura e di un’attività letteraria, in lingua sarda, nella seconda e inoltrata metà del secolo XVI, dovuta alla penna e all’intelletto di Gerolamo Araolla; e così pure darci conto di come essa nasca di fatto in forme già pienamente mature e coscienti di sé. Allo stesso modo rimane, non poco, un mistero il comprendere come una tale attività appaia essere un esperimento che resta isolato e senza seguito. Tuttavia entrambe le proposizioni (ossia l’improvviso apparire e il repentino spegnersi di tale esperienza) andranno certamente riviste e ridimensionate rispetto alla rigidità che primariamente sembrerebbe loro imposta dall’apparente mancanza di riscontri tanto antecedenti che susseguenti: revisione che si può attuare esercitando con maggiore accortezza lo sguardo, sì da tener presente non solo il milieu politico e culturale del Cinquecento sardo, e in specie la sua seconda metà, ma pure la ‘protostoria’ della scrittura letteraria in Sardegna e la prosecuzione storica di un tale fenomeno generato dal piccolo miracolo di un pur minuto – e se così volessimo osare definirlo – Rinascimento sardo.
Infatti non si può non tener conto della produzione in lingua sarda che precede l’attività dell’Araolla; e non mi riferisco soltanto alla produzione di carattere giuridico e documentario, che pur funge da retroterra culturale su cui poteva poi essere fondata e finanche posta in esigenza una produzione letteraria in sardo, dato che questa lingua, pur quasi priva di esperienze estetiche e poetiche, era pur sentita non un vernacolo ma la lingua della giurisdizione ufficiale e dell’espressione formale; non mi riferisco, dico, solo a questo antefatto perché non va taciuto il pur tenue filo di esperienze e produzioni scrittorie come quella del Libellus Judicum turritanorum del sec. XIII, o del poemetto del Cano, Sa vitta et sa morte, et passione de sanctu Gavinu Prothu et Januariu (sull’argomento al quale tornerà, riscrivendolo, proprio l’Araolla), del sec. XV, o la prosa del tardomedievale Condaghe di S. Gavino, che ci dimostrano quanto meno come la lingua sarda sapesse venir fuori dalle necessità pragmatiche più immediate, o dalle esigenze documentarie e concrete della scrittura1. E se il risultato della produzione dell’Araolla – che certo aveva nella sua mente la dimensione storico culturale della propria lingua, lui, contemporaneo e concittadino, oltre che intimo del Fara – può apparire concluso in se stesso e senza seguito, soprattutto nell’intenzione di fondare una lingua e una tradizione di produttività letteraria sarda, non va però dimenticato quanto la sua scrittura abbia costituito e fondato un canone linguistico e letterario sardo in sardo, per la poesia scritta ed anche orale, che si può dire giunga fino ai nostri tempi: basti pensare alla fortuna dell’ottava, anche e soprattutto nella poesia orale, all’imposizione di un lessico che si diversificava, per l’apporto delle lingue italiana e spagnola, da quello comune parlato, quale indice di e per un registro aulico poetico; e si pensi alla proposizione di una retorica importata dalle esperienze letterarie coeve, italiane in primo luogo, il cui impiego avrà lunga durata, e che in certa misura ancora perdura; all’aver egli insomma volutamente e coscientemente ‘inventato’, per il sardo, l’idea (prima di tutto l’idea) di una disciplina linguistica, e della necessità effettiva della differenziazione fra registri linguistici. Pertanto, se anche, come dice R. Turtas, il «”manifesto” [preposto dall’Araolla al testo del suo poemetto agiografico] a favore del sardo come lingua di cultura scritta» può essere definito un «”manifesto” tardivo, che difficilmente poteva ribaltare una situazione già fissata fin dal 1567 quando Filippo II, in seguito ad una petizione di alcuni maggiorenti sassaresi» perché i loro figli conseguissero, presso il collegio gesuitico cittadino, non solo una buona formazione umanistica ma anche una buona padronanza del castigliano, «aveva imposto ai Gesuiti di quel collegio l’utilizzazione di questa lingua nell’insegnamento e perfino nella predicazione in città»2: se anche tutto ciò è dunque storicamente vero, e soprattutto a livello di cultura ufficiale, non si può però non considerare il fatto che, dall’Araolla in poi, un’attività e una produzione letteraria in sardo agirà sulla scena culturale isolana come un fiume, se non proprio sotterraneo, certamente dal percorso seminascosto, che di quando in quando si manifesta maggiormente alla luce.

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Il Catalano e il Sardo in rapporto


maurizio virdis
Il Catalano e il Sardo in rapporto

Convegno La battaglia di Sanluri come scontro fra due culture: quanto simili e quanto diverse? Las Plassas, 24 giugno 2007, h. 16 – Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maddalena


La lingua e la cultura catalana sono state in contatto con la cultura sarda per un tempo assai lungo e con modalità, ora di scontro, ora di incontro, diverse e mutevoli, e non univoche: certamente comunque il Catalano ha auto sul Sardo un’influenza davvero notevole. Influenza che si può valutare sia da un punto di vista interno, che da un punto di vista esterno; tuttavia da entrambi i punti di vista bisogna dare per scontati limiti oggettivi relativamente alla conoscenza che possiamo averne.
Da un punto di vista interno l’influenza del Catalano è costituita soprattutto, e si direbbe esclusivamente, da un apporto lessicale di dimensioni cospicue che ha introdotto nel corpo del lessico della lingua sarda circa quattromila voci che spaziano con ampia estensione fra campi semantici disparati , e che hanno non solo arricchito, ma anche rimodellato la struttura semantico-lessicale del Sardo1: anche se, va detto fin da subito, non si è in grado oggi di valutare totalmente e con precisione quale fu la portata di questa trasformazione e ristrutturazione, in quanto tanta parte del lessico sardo antecedente all’influenza iberica sulla cultura dell’Isola ci resta sconosciuta. Infatti i documenti sardi medievali, pur tanto preziosi e che pur manifestano e ci testimoniano una certa ricchezza di vocabolario, restano limitati, proprio per il loro carattere giuridico e documentario, a un’escursione non ampia entro la sfera del significabile. .......

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La lingua sarda oggi: bilinguismo, problemi di identità culturale e realtà scolastica


La lingua sarda oggi: bilinguismo, problemi di identità culturale e realtà scolastica
Convegno Dalla Lingua materna al plurilinguismo. Organizzato dal Movimento di Cooperazione Educativa del Friuli Venezia Giulia
Gorizia, 7-8 novembre 2003

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La lingua sarda vive oggi una situazione e una dimensione che può apparire per molti versi contraddittoria. Da un lato infatti il numero dei parlanti sardi diminuisce progressivamente, in specie tra le giovani generazioni, e, anche fra chi fa uso del sardo, va aumentando il numero di coloro che questa lingua usano in maniera e misura sempre più marginale, in alternanza, spesso anche in un medesimo atto locutivo, con l’italiano; inoltre si assiste a un massiccio processo di rilessificazione che sostituisce a dosi massicce tanta parte del lessico tradizionale e storicamente depositato con elementi supinamente tratti dall’italiano, sì che anche coloro che magari usano il sardo come codice più frequente nella loro esistenza sociale, lo usano con apporto assai cospicuo di lessico esterno alla lingua. Questo da un lato, dicevo, il lato negativo; dall’altro si assiste positivamente a un fenomeno per il quale il sardo viene usato con maggior competenza, appropriatezza e ricerca linguistica da parte di svariati scrittori e intellettuali; sì che si può dire che oggi, proprio ora che la lingua sarda perde sempre più tanti dei suoi utenti, essa, d’altro canto si raffina nel suo uso e dà forse le prove migliori che mai abbia dato nella scrittura letteraria e non solo; perché il sardo trova impiego anche nella stampa, in riviste specializzate (sempre comunque di carattere letterario umanistico e culturale, meno o quasi per nulla nell’impiego tecnico scientifico), e, pur in misura minore, in determinate trasmissioni televisive delle emittenti locali. Soprattutto, mi preme sottolineare, si è arrivati in questi ultimi decenni alla creazione letteraria in prosa, i cui primi esperimenti moderni (fatte salve alcune eccezioni ottocentesche) sono cominciati circa una ventina d’anni fa, ma si infittiscono oggi con risultati più che pregevoli, tra i quali si annoverano anche dei bei tentativi di traduzione. ..............
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Syntactica










Syntactica
© mVis!* Maurizio Virdis 2009

Note di Sintassi sarda medievale

Plasticità costruttiva della frase sarda (e la posizione del Soggetto)

La sintassi nelle Carte volgari cagliaritane


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maurizio virdis
NOTE DI SINTASSI SARDA MEDIEVALE
pubblicato in
Studia ex Hilaritate
Mélanges de Linguistique et d’onomastique sardes et romanes offerts à M. Heinz Jürgen Wolf publiés par Dieter Kremer et Alf Monjour dans les «Travaux de Linguistique et de Philologie» XXXIII-XXXIV, Strasbourg – Nancy, Klincksieck, 1995-1996, pp. 507-526.


Ciò che in queste pagine si vuole analizzare è la struttura della frase del sardo medievale, e in specifico: 1) la posizione reciproca degli elementi Soggetto (S), Verbo (V), Oggetto diretto (O), Oggetto indiretto (I) e altre determinazioni complementari (X); 2) la posizione dei clitici, anche quale spia della struttura soggiacente; 3) l'uso dei clitici in funzione anticipatoria/raddoppiante di argomenti posposti al verbo.

Come in genere le lingue romanze medievali1, anche il Sardo ha, nel costrutto non marcato, il Soggetto in posizione postverbale, anche se non pare avere una costruzione V2 (ossia con verbo in seconda posizione) rigida: non solo perché la frase sarda medievale può avere più di un componente davanti a V, ma anche perché essa può iniziare immediatamente con V. Si potrebbe spiegare la collocazione di S dopo il verbo come il risultato di una risalita di V in FLESS e da qui poi in C (C = Complementatore, d'ora in poi così siglato), risalita che lascerebbe S dietro di sé 2.
Dato però che, in Sardo medievale, il Soggetto si trova sempre in posizione postverbale, non solo nelle principali ma anche nelle dipendenti, è difficile pensare, per queste ultime, a una risalita del genere, dato che il nodo C è, nelle dipendenti, ovviamente occupato; si potrebbe allora pensare che il Soggetto, in entrambi i tipi di frase, si collochi in posizione di Aggiunto a V: sarebbe infatti difficile e antieconomico pensare a un S che si genera sotto un certo nodo nelle principali (il nodo SpecFLESS) - e che rimanga poi in posizione postverbale a causa di un movimento di V a C, movimento che pur sembra verificarsi, come vedremo fra breve - mentre solo nelle dipendenti S si genererebbe come aggiunzione a V o a V"; sarebbe più economico invece pensare che S si generi, in entrambi i casi, in una medesima posizione: l'ipotizzabile movimento di V nelle principali non avrebbe poi effetto, in struttura-s, sulla posizione relativa (postverbale appunto) di S rispetto a V.
Bisogna però distinguere fra la posizione postverbale del Soggetto immediatamente adiacente alla destra di V - costruzione largamente maggioritaria - e la posizione postverbale in cui il Soggetto è collocato dopo non solo il Verbo, ma anche dopo l'Oggetto o altro materiale frastico, sempre alla destra di tutto ciò. Nel primo caso l'aggiunzione andrebbe fatta alla destra di V e ciò spiegherebbe la precedenza di S rispetto a O, nel secondo caso l'aggiunzione sarebbe alla destra di V", il che spiegherebbe la posizione postverbale estrema, a destra, o comunque non immediatamente adiacente a V, alla sua destra.

Diamo innanzitutto delle esemplificazioni3:

(1) Frasi principali VS o VSO

- Ockisitilu Gosantine Culurione a Petru Pippi [49]
Lo uccise Gosantine Culurione (Sogg.) Pietro Pippi (Ogg.)
[inizio di scheda]

- Vattussitilu donna Vittoria de Iscanu assu filiu Comita malavidu a scu. Petru
[359]
Lo portò donna Vittoria de Iscanu il figlio Comita malato a S. Pietro [inizio di
scheda]

- Posit Mariane de Nureki ad hora de morte a sca. Julia,sa terra sua de Nuratholu [360]
Pose [in donazione] Mariane de Nureki nell'ora della morte a S. Julia, la terra sua di Nuratholu [inizio di scheda]

- Kertait su operaiu de sca. Maria de Pisas, donnu Juvanne, cun Marinianu [372]
Ebbe lite l'operaio si S. Maria di Pisa, donnu Juvanne, con Marinianu
[inizio di scheda]

(1a) VS o VSO nelle principali anche dopo eventuale altro
materiale che preceda V:

- Et appus custa binchitura ki lis feki, bennerun issos ad mimi e benderunimi omnia cantu vi avian [9]
E dopo questa vincita [in giudizio] che feci loro, vennero essi da me e mi vendettero tutto quanto vi avevano

- Et issara mi iudicait donnikellu Gunnari a battuier su condake de scu. Petru [79]
E allora mi impose in giudizio donnikellu Gunnari di portare il condaghe di San Pietro

- Et dave co baricait su annale, bennit Petru de Kerki [...] Et ad octo dies torraimus nois verbu in corona ka non nos davan su argentu [358]
E dacché passò il termine di un anno, venne Petru de Kerki [...] E all'ottavo giorno rispondemmo noi [restituimmo noi parola] in giudizio che non ci davano l'argento

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maurizio virdis
PLASTICITA' COSTRUTTIVA DELLA FRASE SARDA
(e la posizione del Soggetto)


Leggi tutto l’articolo, in originale in pdf, al seguente indirizzo (CTRL+clic col pulsante sinistro, poi rlascia solo CTRL): Plasticità costruttiva della frase sarda (e la posizione del soggetto)

Nel suo lavoro sulla sintassi sarda del 1993, Sardinian Syntax1, N1 Michael A. Jones pone il problema del soggetto in posizione postverbale in Sardo, e lo pone come questione delicata e di non facile e immediata risoluzione. Il soggetto verbale può certo essere il risultato di una dislocazione a destra, come per riprendere l'esempio stesso del Jones2 N2

(1) At telefonatu, su mastru de muru.
ha telefonato, il muratore

ma si può avere anche

(2) At telefonatu su mastru de muru

senza alcuna pausa che preceda il soggetto; in questo secondo caso si avrebbe, a parere del Jones, un fenomeno di inversione. La differenza fra dislocazione a destra, in (1), e inversione, in (2), consisterebbe, per i casi qui esemplificati, nel fatto che (1) potrebbe essere una risposta a una domanda come "ha telefonato il muratore?", mentre (2) risponderebbe a una domanda come "ha telefonato qualcuno mentre ero fuori?". La differenza fra inversione e dislocazione a destra, ammette lo studioso, è comunque «not always absolutely clear since, in many cases, they yield the same linear sequences and can only be distinguished by reference to prosody or context. This makes it rather difficult to determine or illustrate the particular syntactic properties of each process simply by means of acceptability judgements of constructed examples»3. N3 Riprendendo il problema più avanti, nello stesso lavoro, il Jones ritiene i soggetti dislocati a destra «unstrssed and non-focal», mentre i soggetti risultanti postverbali per inversione «bear primary stress and are interpreted as (part of) the focus»4 N4

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maurizio virdis
La sintassi nelle Carte volgari cagliaritane


La sintassi delle Carte volgari cagliaritane (d'ora in poi CV) conservate presso l'Archivio arcivescovile di Cagliari è del tutto simile a quella dei condaghi e comunque a quella del sardo medievale; in esse si riscontra semmai una maggior formularità e ripetitività, una minore concessione al narrato, e quindi una minore variazione sintattica nell'impiego pragmatico; si tratta perciò, forse, di un corpus più ridotto al fine dell'analisi della pragmatica linguistica e degli schemi sintattici che vi stanno collegati. Tuttavia proprio per questo carattere e tono iterativo le CV ci forniscono varianti significative nell'ambito di certi schemi sintattici.
Il testo delle CV ci conferma innanzi tutto, al pari dei documenti logudoresi, che il sardo medievale è una lingua avente il soggetto in seconda posizione, almeno come dato di base e di struttura primaria. Il soggetto è infatti, anche nelle nostre carte, assai spesso in posizione immediatamente postverbale, come si può vedere, per esempio, nei seguenti tipi frasali:

– Et est fata (V) custa carta (S) anno domini M.CC.XV. ii kl octubri, habendusilla iuigi ad manu sua sa curadoria de Campidanu pro logu salbadori, XII, 6;
– Dedilloy (V) donnu Trogotori de Zebera (S), cum bulintadi de sus filius, a ora de morti sua, sa filiadura ki lli aeda a issi facta donnu Gunnari de Serra, XIII, 2;
– Et kertemi (V) Jorgi Lepuri (S) de parti de iudigi, pro Jorgi de Margini et pro sas sorris, k’enti essiri muniarius, XIII, 10;
– Derunt illoi (V) donnu Arzzocu Dezzori et donna Jurgia sa sorri (S) […] a sanctu Jorgi […] omnia cantu illoi abenta in sa billa de Goni, XIV, 2
– Cambiei cum su donnu
miu Iudigi Barusoni […]. Deillis (V) deo (S) ad issus in Barbaria ad Maria Dadu, XVI, 2.

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