MAURIZIO VIRDIS
Periferie del Sardo
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Il Sardo è una lingua che dà ampio spazio all’utilizzo delle periferie della frase, sia destra che sinistra. Oltre ai ben noti fenomeni di dislocazione, diffusi in varie lingue neolatine, è ormai noto pure come in Sardo siano presenti largamente fenomeni di fronting, come sia cioè possibile lo spostamento in prima posizione di frase con valore pragmatico di focalizzazione anche non contrastiva, Hanno dato contributi di rilievo a tale fenomeno M.A. Jones, E, Remberger e G. Mensching.
Molto strettamente legata a questo fenomeno, da un punto di vista strutturale, è la funzione pragmatica ed il funzionamento sintattico della particella a come introduttrice di proposizioni interrogative, elemento che certamente occupa lo stesso nodo strutturale dell’elemento focalizzato o dell’elemento WH: infatti a è incompatibile con la presenza di un pronome interrogativo o di un participio passato o gerundio di un verbo composto, o ancora di un predicato che sia stato mosso in posizione iniziale di frase (* a cant’er mannu?, *a bénniu est?, *a ruju fit? ma: cant’er mannu ?, bénniu est?, ruju fit?). La posizione che va a occupare tale particella è sotto il nodo SpecComp, al pari degli elementi WH e dei participi o predcati ivi mossi dalla loro posizione non marcata: donde la reciproca incompatibilità dei fenomeni: se ce n’è uno non possono starvi gli altri.
Oltre tutto ciò, oltre questo complesso di fenomeni che oramai prende una ben definita fisionomia e spiegazione, altri elementi occupano la periferia sinistra della frase sarda, e a due di essi mi dedicherò in quest’intervento: si tratta degli elementi ello e già. Entrambi sono introduttori di frase: il primo, ello, è introduttore di frase interrogativa (ma, vedremo poi, non soltanto, in quanto esso introduce altro tipo specifico di frase di cui si dirà in seguito), il secondo, già, introduce frasi affermative con forte valore assertivo e asseverativo. Entrambi, pur obbedendo a regole strutturali differenti, svolgono la funzione pragmatica di connettori, in quanto collegano la frase – interrogativa o assertiva – che essi introducono a un contesto precedente, esplicito o presupposto, oppure, altresì, crea o contribuisce a creare, un contesto di presupposizione o di ‘datità’, di ‘già noto’.
Cominciamo dal primo di questi due elementi, ello, introduttore di frasi interrogative e connettore di queste ultime al contesto esplicito o implicito. Dico subito che l’elemento ello, pur se introduce le interrogative come l’elemento a, ha, rispetto a quest’ultimo, una funzione e un comportamento sintattico differente.
Esaminerò separatamente prima le funzioni pragmatiche poi il comportamento sintattico.
Esempi di funzione pragmatica:
1)
a) Ello su zornale as letu?
ELLO il giornale hai letto?
[potrei/dovrei dedurre dalle tue conoscenze che le hai acquisite dalla lettura del giornale, e/ma ne chiedo conferma]
b) Ello tue pure benis?
ELLO anche tu vieni
[ho il sospetto, il timore il desiderio, o posso arguire che venga anche tu, è così?]
c) Ello itte pessas?
ELLO che cosa pensi?
[e dunque, riguardo alla questione di nostra conoscenza, che ne pensi?]
Ello mandigamus? [sarà dunque il caso di mangiare (abbiamo fame, è l’ora, ecc.]
d) Ello ite novas?
ELLO che nuove?
[E che nuove (dunque)? // visto che si qui e potresti o dovresti averne]
e) Ello a benis o nono?
Ello vieni o no?
[e allora ti vuoi decidere o no: vieni o non vieni?]
Da un punto di vista sintattico, già la frase 1e) mostra che ello e a non sono in rapporto di mutua esclusione ma possono coesistere: ciò significa che essi non solo svolgono funzioni diverse, ma che diversa è pure loro sintassi, ossia che occupano posizioni strutturali diverse. Ello inoltre è compatibile e può cooccorrere con gli elementi WH o con elementi posti a fronting nell’interrogazione:
2)
a) Ello it’ar fatu?
ELLO che hai fatto?
b) Ello chie lu cheriat comporare?
ELLO chi lo voleva comprare?
c) Ello travallande ses?
ELLO lavorando stai?
d) Ello mannu fiat?
ELLO era grande?
e) Ello bene ti cheret?
ELLO bene ti vuole?
Da tutto ciò dovrebbe risultare che l’elemento ello è sovraordinato rispetto alla proiezione massima Comp, la quale proiezione Comp potrebbe, ipoteticamente, essere pensata come un complemento di una appunto sovraordinata proiezione massima dentro cui il nostro ello è contenuto. Se così fosse, bisognerebbe stabilire quale nodo questo nostro elemento occupa, posto che, nell’ipotesi che qui formuliamo, sotto il nodo Compl sta Comp (ossia la frase interrogativa), rimane da
chiedersi se ello sia la testa della proiezione massima o il suo specificatore. Sarei per l’ipotesi che ello si collochi sotto il nodo dello Specificatore di una testa che potremmo chiamare CIT = Connettore Illocutivo Topicale. Che si tratti di un connettivo, abbiamo cercato di dimostrare e argomentare poc’anzi qui sopra, e in quanto tale esso assumerebbe anche il valore e la funzione di far assumere all’interlocutore, nello scambio comunicativo, un antecedente già enunciato, o presupposto/fatto presupporre. Sulla illocuzione (interrogativa ovviament) potrebbe esserci qualche problema, dato che questa poggia, oltre che sulla intonazione frasale, anche, eventualmente, sul pronome interrogativo o comunque l’elemento WH, sul movimento di fronting dei predicati o dei verbi non finiti in tempi o modi aspettuali composti, o ancora, infine, sull’introduttivo a. Tuttavia, a parte il caso particolare di uso di ello, di cui s’accennava e di cui brevemente appena più in là diremo, ello introduce una interrogativa, è una marca che preannuncia all’interlocutore una domanda: dunque potrebbe essere una replica anticipata (se mi si passa la contraddizione) della marca illocutiva o del sostegno dell’illocuzione che sarà poi esplicitata debitamente nella frase a seguire. Non andrà dimenticato che ello può essere impiegato ellitticamente da solo, col significato e la valenza fatica e/o interlocutoia:
3) Ello?
[cioè? (non ho mica capito), cioè? (dimmi/ripeti non ti ho sentito),
cioè che significa/che vuoi dirmi/che intendi?]
ed anche qui col valore funzione di connessione discorsiva.
Dunque tornando all’ipotesi, collocherei ello sotto il nodo dello Specificatore di una tale supposta proiezione massima CIT, la testa essendo occupata dal materiale topicale presupposto, quindi quasi sempre frasticamente vuota,
ma che può pure essere riempita di materiale frastico:
4)
a) Ello cudhu libru, letu l’aias?
E quel libro, l’avevi letto?
b) Ello a frade tuu, nadu li l’aias ca eris inoghe at pròpiu meda?
E a tuo fratello gliel’avevi detto che ieri qui ha piovuto molto?
Va da se che la dislocazione tropicalizzante può essere anche a destra:
5)
a) Ello letu l’aias, cudhu libru?
E quel libro, l’avevi letto?
b) Ello nadu li l’aias, a frade tuu, ca eris inoghe at pròpiu meda?
E gliel’avevi detto, a tuo fratello, che ieri qui ha piovuto molto?
** Coindicizzazione o (de)focalizzazione diversa?
Un operatore discorsivo parrebbe dunque ello.
Ma il suo uso pone più difficili domande e più sottili questioni. Ello infatti può essere usato in ulteriori forme ellittiche:
6)
a) Ello Bachis?
E Bachis? [che ne è ? (non ne ho più saputo nulla)]
b) Ello cudha machina?
E quella macchina? [che ci fa lì? / Perché hai quella e non la tua solita]
Inoltre può avere un impiego olofrastico, non interrogativo, ma come risposta affermativa asseverativa-confermativa, spesso esclamativa:
7)
a) (Ello) ses tue su menzus? - Ello !
Sei tu il migliore ? – E certo !
b) (Ello) Colau l’as s’esame? – Ello!
L’hai superato l’esame? – E certo!
L’elemento ello è però spesso usato in risposte o repliche affermative, ma con valore antifrastico ironico (con valenze talvolta addirittura sarcastiche), per negare, totalmente o parzialmente quanto detto in precedenza:
8)
a) Eris appo biu una tassa ’e binu - Ello un’ibbia (at a esser istada)!
Ieri ho bevuto un bicchiere di vino – E, uno solo (sarà stato)! [certo è stato più d’uno] un affermazione
b) Maddalena m’at nadu chi mi cheret bene – Ello bene ti cheret!
Maddalena m’ha detto che mi vuole bene – Bene ti vuole ! [ossia, non credo proprio che te
ne voglia]
c) Sa petta ’e anzone t’aggradat? – Ello de cane…!
La carne d’agnello ti piace? – E no, di cane (allora)…!
d) Andande est? Ello andande at a èssere…
Sta andando? – starà andando… [cerrto che no, non credo proprio]
Ma con valenza antifrastica, ello può essere impiegato, con specifica intonazione, per negare, più o meno recisamente, un’affermazione, una richiesta, un ordine:
9)
a) A mi los prestas chimbighent’euros? – Ello!
Mi presti cinquecento euro? – E certo, come no? [non sarai mica matto, non ci penso neppure]
b) Creo pròpiu de b’èssere resessiu – Ello!
Credo proprio di esserci riuscito – E come no? [non mi pare proprio]
Anche in questi casi ello si conferma un CIT, in quanto connette una risposta o una replica a un contesto previo, funge da sostegno a una forza illocutiva, anche se qui non interrogativa ma d’altro tipo (ironico.antiftastica appunto), *e contiene un topic.
Ello però non introduce mai un’asserzione positiva:
10)
a) (Ello) Cantas sone? - *Ello son duas
Quante sono? – Sono due
b) (Ello) Comente est andau s’esame? - *Ello l’appo colau
Come è andato l’esame? – L’ho superato
Il fatto dunque che ello introduce, connettivamente, o delle domande o delle affermazioni antifrastiche ( 8) - 10) ), a me pare significhi che questo elemento sintattico introduca una non-realtà, o proponendo un dato da accertare tramite domanda, o rendendo controfattuale, per via antifrastica, in una frase non interrogativa, una asserzione precedente. Lo stesso uso di ello usato isolatamente come risposta affermativa a una precedente domanda che abbiamo visto in 7) [(ello) Colau l’as s’esame? – Ello!], può fungere da controreplica che nega una supposizione avanzata dalla domanda che lo precede, ne indica la non-realtà. Così come il suo impiego in funzione fatica, come abbiamo visto in 3) nega un dubbio avanzato intorno a qualcosa: mentre in 7), ello usato olofrasticamente come replica, indica e rimarca la controfattualità di una affermazione, di una richiesta o di un ordine avanzato precedentemente.
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LA PERIFERIA DESTRA
I clitici anticipatori: accordo e funzione pragmatica
Per ciò che concerne la periferia destra, un fenomeno da prendere in considerazione la questione dell’anticipo dei complementi tramite i clitici. Cosa che trova largo uso in Sardo, e a partire da qui si pone, a mio avviso, la questione della posizione strutturale del Soggetto.
In Sardo un medesimo contenuto nozionale può essere espresso con o senza l’anticipo dei clitici coreferenti e anticipatori dei complementi del verbo, o almeno di alcuni di essi; ma l’uso o il non uso di essi dà sfumature semantico-pragmatiche diverse alle rispettive frasi:
11)
a) Immoi mi papu una pira
Ora mi mangio una pera
b) Immoi mi dha papu una pira
Ora me la mangio una pera
La sfumatura, a volte sottile, sta a mio avviso nel fatto che 29a) indica ed enuncia un semplice dato oggettivo: l’intenzione da parte del soggetto di mangiare una pera; 29b) invece dà alla frase il senso di una decisione già presa o nell’atto di prender forma, connette, anche qui, la frase ad un contesto, il più delle volte non detto, ma fatto assumere al parlante proprio tramite l’espediente dell’anticipo col clitico. Si veda ancora:
12)
a) Imoi bandu a nai a Giovannicu ca est ora e dh’acabbai
Ora vado a dire a Giovannicu che è ora di finirla
b) Immoi bandu a si dhu nai a Giovannicu ca est ora e dh’acabbai
Ora vado a dirglielo a Giovannicu che è ora di finirla
Più o meno anche per queste frasi, 11a) e 11b), potremmo dire la stessa cosa che abbiamo detto per le precedenti 12a) e 12b). La differenza di 12b) rispetto a 12a) potrebbe consistere nel fatto che 12b) fa intendere una precedente intenzione poi solo abbozzata e/o rimandata di dire a Giovannicu che è ormai ora di finirla, e che insomma il locutore è proprio stufo ed ha pazientato fin troppo.
Il processo sintattico è ben ovviamente e manifestamente quello della dislocazione a destra. Ma le funzioni e gli effetti sono alquanto diversi rispetto a quelli di una più comune dislocazione a destra. Si noti che in 11b) l’elemento dislocato è un indeterminato (è preceduto da un articolo indeterminativo) cosa che non dovrebbe essere lecita in una costruzione dislocata; il complemento oggetto dislocato (una pira) non è la ripresa di un già detto e aggiunto come coda al discorso, come in genere nelle frasi con dislocazione a destra. È dunque la funzione pragmatica della dislocazione che bisogna meglio analizzare e, da qui, il suo funzionamento sintattico. In frasi come quelle qui sopra – 11) e 12) – l’oggetto e/o l’oggetto indiretto, alla luce di considerazioni pragmatiche, parrebbero fungere da focus interno alla frase, donde l’effetto di determinatezza che gli esempi qui sopra visti assumono. La copia anticipata per mezzo del clitico serve allora ad attribuire, a distanza, il caso che poi viene a ricadere sull’elemento dislocato-focalizzato per coindicizzazione, dato che ormai parrebbe chiaro che il caso non viene di necessità assegnato localmente ma anche appunto a distanza.
Resta però il fatto che il Sardo fa uso di clitici anche laddove questi non siano anticipo o replica di alcun elemento frasticamente realizzato, il che accade soprattutto con i locativi e, in misura minore, con gli strumentali:
13)
a) mi ‘nd’at pigau totu,
me ne ha preso tutto
b) mi ‘nci at piagu una sprama,
me ne ha preso unospavento
c) custu est unu martedhu po ‘nci pistai.
Questo è un martello pèer pestarci
Una coreferenza con degli elementi assenti, con delle posizioni che restano vuote, quasi che la IP si desse schematicamente al completo, e poi eventualmente si apponessero, all’interno della frase, gli elementi coindicizzati (il piede della catena testa-clitici) in funzione di topic o di focus appunto interni alla frase ma al di fuori della proiezione flessionale IP e non dunque in posizione Comp. Vi sarebbero quindi dei complementi astratti da non necessariamente realizzare, almeno nei casi di 13a-b-c) quasi delle manifestazioni palesi delle virtualità selettive semanticamente intrinseche a V.
Il problema che si pone è se gli elementi di TOPIC E FOCUS (TP e FP) interni siano delle ‘semplici’ posizioni aggiunte dentro IP o sono invece dentro la IP medesima per sub-ramificazione di V che si riscrive come V+ elementi astratti, il che potrebbe spiegare la differenza fra la possibilità di V+clitico per i locativi e gli strumentali anche senza il riempimento frastico del piede della catena e la di fatto impossibilità per l’Oggetto e l’Oggetto indiretto, in quanto questi sono selezionati direttamente da V, dal verbo, ne sono degli argomenti, e costituiscono parte integrante del VP, diversamente da verbi di movimento o che implicano strumentalità i cui complementi stanno nella sfera semantica del verbo ma non ne sono argomenti. Ci si deve dunque chiedere se anche nel caso di un O, o di un OI in posizione di TOPIC / FOCUS, si tratti di di una sub-ramificazione o di un’aggiunzione: in pratica se il TOPIC / FOCUS interno sia da considerare un’aggiunzione o una sub ramificazione: aggiunzione nel senso che V di VP’ si riscrive, e in questa riscrittura ramifica appunto gli elementi astratti. Dipende poi dalle necessità pragmatiche dell’atto locutivo se spostare in AgrO gli elementi concreti sottoramificati da V’ o quelli astratti sottoramificati da V. In quest’ultimo caso l’accordo è manifestato dai clitici, mentre gli elementi concreti ramificati da V’ ricevono il caso a distanza dalla posizione AgrO riempita dai clitici. In caso contrario la riscrittura di V semplicemente non avviene.
Voglio nsomma dire che la posizione di TOPIC / FOCUS interno consiste nella riscrittura stessa di V e nelle operazioni suddette. Nel caso di complementi astratti, locativi e strumentali, senza realizzazione di quelli concreti si ha la riscrittura di V e il non riempimento di materiale frastico dei complementi ramificati da V’: come dire un TOPIC / FOCUS irrealizzato o virtuale. Il che potrebbe forse significare che, in tali casi, il procedere per strutture TOPIC / FOCUS virtuali sia la condizione formale non-marcata.
Problema della posizione del Soggetto in strutture VOS.
La costruzione VOS può essere non marcata quando tutto il contenuto della frase si propone come NUOVO, non se il Soggetto è il NUOVO rispetto a una domanda su di esso
14) Chini dh’aiat scrita cudha litera? - *? Aiat scritu cudha litera Bachis
Ma se la domanda è su un altro elemento allora la costruzione VOS è ammessa
15) It’a scritu Bachis? – At scritu s’arrelata Bachis
qui con Soggetto marginalizzato e de focalizzato. Nel caso in cui tutto è NUOVO si
può avere il Soggetto in coda
16) Itt’est sutzédiu?
Che cosa è successo?
È entrato nella stanza Giannettu
16b) At tentu su bandidu sa giustizia,
Ha arrstato il bndito la polizia/i Carabinieri
16c) Funti spraxendi giarra in s’arruga is manobras .
Stanno spargendo la ghiaia nella strada i manovali
Anche in questi esempi tuttavia non si sfugge all’idea che il Soggetto sia marginalizzato e defocalizzato, quasi una sorta di TOPIC posposto, l’intonazione stessa marca una pur leggera pausa prima del Soggetto.
Nel Sardo medievale una costruzione sintattica del genere, ossia VOS con Soggetto in ultima posizione, era possibile soltanto se O e/o eventualmente OI erano anticipate da un clitico, ossia:
17)
a) V+clit icoO(OI)S
b) *VO(OI)S
Come se O dovesse risalire in una posizione in cui possa trovare l’accordo, in quanto con un Soggetto posposto non la trova: ciò è a dire che in un costruttp VO(OI)S O e OI si trova(no) dislocati in una posizione focalizzata rispetto a un Soggetto defocalizzato e marginato; quasi la marginalizzazione del Soggetto implicasse di per sé la focalizzazione dell’Oggetto (anche indiretto). I clitici sono dunque la marca dell’accordo e il segnale della dislocazione focalizzante: segno della messa in rilievo della determinatezza di cui sopra si diceva. L’obbligatorietà del clitico anticipatore di O (ed eventualmente di OI) in costruzioni VOS nel Sardo medievale, si spiega a mio avviso col fatto che la struttura basica non-marcata del Sardo medievale era VSO con Soggetto postverbale ma antecedente all’Oggetto, risultato che era l’effetto dello spostamento di V in Comp, effettuato dopo che V aveva attribuito il caso a O. Una costruzione VOS implicava quindi uno spostamento di O e di OI in posizione antecedente al Soggetto non più governata dal Verbo che deve assegnargli il caso, pertanto si rendeva necessario l’anticipo del clitico che è appunto l’anticipata realizzazione dell’attribuzione del caso.
Oggigiorno i costrutti VO(OI)S non necessitano più del clitico, in quanto la struttura basica del Sardo moderno è SVO(OI) e non più VSO, pertanto i costrutti VOS possono sussistere anche senza anticipo clitico: il che può essere interpretato col fatto che è tutto il sintagma VO(OI) che viene focalizzato e il caso è attribuito direttamente, localmente da V ai suoi complementi (giusta l’ipotesi Benincà-Poletti 2004).
Le proposizioni infinitive
Un fenomeno va ancora analizzato a proposito della posizione in coda del Soggetto in Sardo: si tratta delle costruzioni infinitive con soggetto non controllato dalla proposizione principale. Nelle varietà sarde centro-settentrionali un tale infinito, introdotto da preposizione e non da congiunzione subordinante, può (ma può anche non essere) coniugato e presenta delle forme del tutto uguali a quelle dell’imperfetto congiuntivo di queste stesse varietà. Il fenomeno appare, sotto molti punti di vista, essere analogo a quello dell’infinito coniugato del Portoghese, pur presentando parecchie differenze rispetto ad esso: quella che qui maggiormente ci interessa consiste nel fatto che mentre in Sardo il Soggetto è rigorosamente non solo postverbale ma pure in fondo alla frase, in Portoghese invece il Soggetto può occupare anche altre posizioni. Nelle varietà meridionali del Sardo troviamo una struttura analoga tranne che per il fatto che l’infinito non viene coniugato; ed è da osservare che in tali varietà, il congiuntivo imperfetto ha assunto forme diverse, analoghe a quelle dell’italiano:
18)
a) log. Est bénniu innanti de torraren/torarre a domo sos amigos
a’) camp. Est bénniu innanti de torrai a domu is amigus
È venuto prima di tornare / [tornare-3°-pl] a casa gli amici
È venuto prima che tornassero a casa gli amici
b) log. Est andau gas’e totu chene li daret(e) su premissu su babbu
b’) camp. Est andau aicci e totu chene dhi donai su premissu su babbu
È andato ugualmente senza gli dare / [dare-3a- sing] il permesso suo padre
È andato ugualmente senza che suo padre gli desse il permesso
c) log. Su dottore m’at nadu a no mandicares/mandicare tropu durches tue
c’) camp. Su dottore m’at nadu a no papai tropu drucis tui
Il dottore mi ha detto di non mangiare / [mangiare-2°- sing] troppi dolci tu
Il dottore mi ha detto che tu non devi mangiare troppi dolci
Ritengo, sulla base di quanto argomenta RAPOSO
19)
a) Su de t’inci essi andau aicci allestru tui mi fait feli meda
Il di te ne essere andato così in fretta tu mi fa rabbia assai
L’essertene tu andato così in fretta mi fa assai rabbia
b) No appo agradessiu su de t’inci essi andau tui aicci allestru tui
Non ho gradito il di te ne essere andato tu così in fretta
Non ho gradito/non mi è piaciuto/mi è dispiaciuto che tu te ne sia
andato così in fretta
L’infinito sardo dunque, che assuma o meno la flessione personale, ha comunque la capacità di avere un accordo col Soggetto. È da chiedersi perché il Soggetto possa e debba rimanere in posizione finale marginalizzata, defocalizzata, pur assumendo il caso nominativo, come gli esempi 36c-c’) dimostrano. Sono anch’io del parere che vi sia una proiezione massima di accordo nel cui Specificatore sta un pro e cui pare interdetto l’accesso di un DP o di un pronome forte che devono rimanere invece nella posizione strutturale iniziale senza risalire in AccordoS, ciò che si sposta è invece V, che va a occupare la posizione sotto il nodo Comp, mentre O rimane al suo posto e S sta marginalizzato in fondo alla frase. Come si trattasse di un AccordoS parziale o virtuale, potenzialmente capace di generare la flessione, senza per altro doverla necessariamente realizzare (così è sempre nelle varietà meridionali e opzionalmente nelle Centro-setentrionali), e senza poter riempire di materiale frastico il suo Specificatore, ma permettendo tuttavia l’accordo a distanza col Soggetto dislocato: una sorta di coniugazione semifinita, più che non-finita, insomma. Una coniugazione che insomma permette la manifestazione realizzata del Soggetto (e dotato di caso) ma soltanto se marginalizzato. E d’altra parte va pure notato che se il Soggetto è privo di riferimento o ha riferimento generico, non vi è nessun elemento che lo realizzi, restando pur sempre l’infinito introdotto da una preposizione:
20) No bollu a buffai binu
Non voglio a bere vino
Non voglio che si beva vino