Geostorica sarda.
Produzione letteraria nella e nelle lingue di Sardegna
Rhesis. International Journal of Linguistics, Philology, and Literature (ISSN 2037-4569)
https:// rhesis.it/Literature, 8.2: 17-27, 2017

Abstract
The question of a Sardinian literature and of a literary language begins to appear in the 16th century and is affirmed in the 18th. The 19th century shows a split, a schisis, in Sardinian intellectuality, which was divided between loyalty to the Sardinian national values and the new Italian nationality. This fracture is still unresolved, and also manifests itself in a diversified literary production: one in the Sardinian language, and another one in an Italian mixed with Sardinian, so typical today of Sardinian nouvelle vague. The two “tribes” often look at each other with mutual suspicion, without seeking a fruitful connection.
Key words – Sardinia; the language question; Sardinian literature; literatures of Sardinia
La questione di una letteratura e di una lingua letteraria sarda comincia ad apparire nel XVI secolo, e si afferma nel secolo XVIII. L’Ottocento mostra una scissione, una schisi, all’interno dell’intellettualità sarda, che si divide fra la fedeltà ai valori nazionali sardi e la nuova nazionalità italiana. Frattura tutt’oggi irrisolta, che si manifesta anche in una diversificata produzione letteraria: in lingua sarda, e in un Italiano mescidato di sardo, così proprio della nouvelle vague isolana odierna. Le due “tribù” spesso si guardano con reciproco sospetto, senza cercare un fruttuoso punto d’incontro.
Parole chiave – Sardegna: questione della lingua; letteratura sarda; letterature di Sardegna

Scrivere in lingua sarda oggigiorno può essere, a seconda dei casi o dello sguardo con cui si voglia guardare al fenomeno, un’operazione snob, oppure un atto di pervicace ostinazione; un atteggiamento retrò, o, al contrario, un gesto di coraggio. E forse tutte, o più d’una di queste cose insieme.
Adire alla “genuinità”, più profonda, di una cultura, ancorché “dialettale”? Marcare una differenziazione identitaria? Tenere teso il filo della nazionalità (qualunque connotazione, temporale/intemporale/atemporale, storica o astorica, si voglia dare alla parola)? Ma è comunque una percezione e una nozione – quella di nazione – che in Sardegna data almeno dal XVIII secolo, seppure, e ce ne sarebbe pure il tanto, non si voglia risalire indietro al XVI secolo.
Scrivere in Sardo, comunque, significa innanzitutto stabilire un rapporto, sempre complicato, con la lingua dominante. Con la sua semantica e la sua semiotica, con le sue ideologie. E significa necessariamente fare i conti con la storia.
La questione si estende su di un arco di tempo di alquanto ampia profondità edestensione: ed è sul metro di questa estensione che tale problema e tale problematica vanno letti e compresi. Ed è una questione, questa, che ha una lunga vicenda dietro di sé, che non si pone dunque nel puro oggi, ma che costeggia la storia, anche europea.
Non è dunque un’emergenza della cultura contemporanea, ma semmai una riemergenza, in tempi e in termini nuovi, di una storia antica, accidentata e radicata. È il riproporsi di una questione irrisolta.
Ecco allora: è da questa irrisoluzione, è a partire da essa che si deve guardare e cercare di comprendere il senso della produzione in lingua sarda e il suo fondamento.
Che va compreso in un quadro specifico e particolare quale è quello odierno, quello della situazione di attualità storica in cui ci troviamo; e in cui le istanze plurivoche dell’attualità rendono il quadro complesso e intricato. Le istanze identitarie, intendo dire. Il tutto in un quadro di complessa geografia culturale.
La cultura e la socialità sarda sono state e sono sottoposte a spinte diverse e
contrastanti, non è certo oggi la prima volta che ciò capita. Quanto meno l’epoca spagnola, nella sua fase matura, sottoponeva la società sarda ad una scissione intima e costitutiva, fra desiderio di assimilazione omologante ed emergenza della propria specificità, anche sotto il profilo linguistico e letterario. E già dal XVI secolo vedeva per la prima volta la luce, nell’Isola, una produzione letteraria in lingua sarda, accanto a una produzione, pure di una qualche consistenza, in Spagnolo, oltre che una riflessione
umanistico-scientifica sulla Sardegna (mi limito a citare i nomi di Francesco Fara e di Girolamo Araolla). Tale situazione di tensione, di duplicità e di scissione non fu certo né speciale né unica, tutt’altro: così come avviene laddove vi sia stato e vi sia un rapporto di potere asimmetrico e sbilanciato; e allorché vi sia e vi sia stato, come in quell’epoca accadde ed oggi si ripropone, un radicamento nel “sé”, collettivo e culturale, ed una elaborazione storica interna che autorifletteva su questo “sé” e sul suo
esser-ci: allora entro una geografia politica consistente in una costellazione federata di regni, ciascuno con le proprie istituzioni, e tutti riuniti sotto la corona e la regia del sovrano di Spagna, costellazione entro la quale l’aristocrazia locale ambiva ad acquisire status anche attraverso la promozione della cultura locale, o direi meglio ‘propria’, da accostare a quella iberica in un rapporto di parità, e di pari dignità con ess; ed oggi
all’interno dello Stato italiano, in una dimensione e in una prospettiva di plurilinguismo nazionale ed europeo.

Una costante pertanto. Ma il ripresentarsi nel tempo di una tale costante, porta, come ovvio, differenza, perché l’oggi non è dunque l’ieri, evidentemente. Diversa è la situazione storica, diversa la situazione e la collocazione della Sardegna nella geografia culturale europea, e forse magari planetaria.
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