martedì 27 febbraio 2018

Maurizio Virdis
Geostorica sarda. 
Produzione letteraria nella e nelle lingue di Sardegna

Rhesis. International Journal of Linguistics, Philology, and Literature (ISSN 2037-4569)

https:// rhesis.it/
Literature, 8.2: 17-27, 2017

Letteratura 8.2

Abstract
The question of a Sardinian literature and of a literary language begins to appear in the 16th century and is affirmed in the 18th. The 19th century shows a split, a schisis, in Sardinian intellectuality, which was divided between loyalty to the Sardinian national values and the new Italian nationality. This fracture is still unresolved, and also manifests itself in a diversified literary production: one in the Sardinian language, and another one in an Italian mixed with Sardinian, so typical today of Sardinian nouvelle vague. The two “tribes” often look at each other with mutual suspicion, without seeking a fruitful connection.
Key words – Sardinia; the language question; Sardinian literature; literatures of Sardinia

La questione di una letteratura e di una lingua letteraria sarda comincia ad apparire nel XVI secolo, e si afferma nel secolo XVIII. L’Ottocento mostra una scissione, una schisi, all’interno dell’intellettualità sarda, che si divide fra la fedeltà ai valori nazionali sardi e la nuova nazionalità italiana. Frattura tutt’oggi irrisolta, che si manifesta anche in una diversificata produzione letteraria: in lingua sarda, e in un Italiano mescidato di sardo, così proprio della nouvelle vague isolana odierna. Le due “tribù” spesso si guardano con reciproco sospetto, senza cercare un fruttuoso punto d’incontro.
Parole chiave – Sardegna: questione della lingua; letteratura sarda; letterature di Sardegna

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Scrivere in lingua sarda oggigiorno può essere, a seconda dei casi o dello sguardo con cui si voglia guardare al fenomeno, un’operazione snob, oppure un atto di pervicace ostinazione; un atteggiamento retrò, o, al contrario, un gesto di coraggio. E forse tutte, o più d’una di queste cose insieme.
Adire alla “genuinità”, più profonda, di una cultura, ancorché “dialettale”? Marcare una differenziazione identitaria? Tenere teso il filo della nazionalità (qualunque connotazione, temporale/intemporale/atemporale, storica o astorica, si voglia dare alla parola)? Ma è comunque una percezione e una nozione – quella di nazione – che in Sardegna data almeno dal XVIII secolo, seppure, e ce ne sarebbe pure il tanto, non si voglia risalire indietro al XVI secolo.
Scrivere in Sardo, comunque, significa innanzitutto stabilire un rapporto, sempre complicato, con la lingua dominante. Con la sua semantica e la sua semiotica, con le sue ideologie. E significa necessariamente fare i conti con la storia.
La questione si estende su di un arco di tempo di alquanto ampia profondità edestensione: ed è sul metro di questa estensione che tale problema e tale problematica vanno letti e compresi. Ed è una questione, questa, che ha una lunga vicenda dietro di sé, che non si pone dunque nel puro oggi, ma che costeggia la storia, anche europea.
Non è dunque un’emergenza della cultura contemporanea, ma semmai una riemergenza, in tempi e in termini nuovi, di una storia antica, accidentata e radicata. È il riproporsi di una questione irrisolta.
Ecco allora: è da questa irrisoluzione, è a partire da essa che si deve guardare e cercare di comprendere il senso della produzione in lingua sarda e il suo fondamento.
Che va compreso in un quadro specifico e particolare quale è quello odierno, quello della situazione di attualità storica in cui ci troviamo; e in cui le istanze plurivoche dell’attualità rendono il quadro complesso e intricato. Le istanze identitarie, intendo dire. Il tutto in un quadro di complessa geografia culturale.
La cultura e la socialità sarda sono state e sono sottoposte a spinte diverse e
contrastanti, non è certo oggi la prima volta che ciò capita. Quanto meno l’epoca spagnola, nella sua fase matura, sottoponeva la società sarda ad una scissione intima e costitutiva, fra desiderio di assimilazione omologante ed emergenza della propria specificità, anche sotto il profilo linguistico e letterario. E già dal XVI secolo vedeva per la prima volta la luce, nell’Isola, una produzione letteraria in lingua sarda, accanto a una produzione, pure di una qualche consistenza, in Spagnolo, oltre che una riflessione
umanistico-scientifica sulla Sardegna (mi limito a citare i nomi di Francesco Fara e di Girolamo Araolla). Tale situazione di tensione, di duplicità e di scissione non fu certo né speciale né unica, tutt’altro: così come avviene laddove vi sia stato e vi sia un rapporto di potere asimmetrico e sbilanciato; e allorché vi sia e vi sia stato, come in quell’epoca accadde ed oggi si ripropone, un radicamento nel “sé”, collettivo e culturale, ed una elaborazione storica interna che autorifletteva su questo “sé” e sul suo
esser-ci: allora entro una geografia politica consistente in una costellazione federata di regni, ciascuno con le proprie istituzioni, e tutti riuniti sotto la corona e la regia del sovrano di Spagna, costellazione entro la quale l’aristocrazia locale ambiva ad acquisire status anche attraverso la promozione della cultura locale, o direi meglio ‘propria’, da accostare a quella iberica in un rapporto di parità, e di pari dignità con ess; ed oggi
all’interno dello Stato italiano, in una dimensione e in una prospettiva di plurilinguismo nazionale ed europeo.


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Una costante pertanto. Ma il ripresentarsi nel tempo di una tale costante, porta, come ovvio, differenza, perché l’oggi non è dunque l’ieri, evidentemente. Diversa è la situazione storica, diversa la situazione e la collocazione della Sardegna nella geografia culturale europea, e forse magari planetaria.
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Emozioni dominate. Sentimenti liberati. Gauvain nell’Atre Périlleux

Maurizio Virdis
Emozioni dominate. Sentimenti liberati.
Gauvain nell’Atre Périlleux
Critica del testo, XIX, 3 (2016)

ABSTRACT L’articolo intende fare il punto sul sistema che informa la rappresentazione
della sfera emotiva dell’Atre Périlleux, romanzo francese arturiano, post-chrestieniano,
del XIII secolo1. Si tratta di un romanzo in parte parodico, in parte – e a partire
da una acuta e incisiva critica della tradizione cortese pregressa – ricostruttivo
di un complesso di valori sociali e morali che vengono proposti da una “nuova”,
e comunque differente emittenza, in forma di allegoria più o meno celata o sottesa.
Pertanto sarà interessante indagare e analizzare come la rappresentazione delle
emozioni, proposta, a livello primario, secondo i canoni più tradizionalmente fruibili,
sia sottilmente piegata a una critica al fine della costituzione di una più solida
razionalità che governi le emozioni stesse, che non vengono abolite o represse, ma
che si trasformano in un sentimento di interiorità sul quale si costruisce il sé.

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Buona parte del romanzo L’Atre Périlleux, anonimo post-chrestieniano
del XIII secolo,1 sembra centrato sulla rappresentazione delle emozioni dominate da parte del protagonista Gauvain; sulla
freddezza imperturbabile di costui davanti agli eventi che ci si aspetterebbe
inducessero alla manifestazione di passioni o comunque di
reazioni d’impulso. Un agire contenuto, un comportamento, quello
del nostro eroe, improntato a uno spirito un tantino britannico, mentre
il pubblico si attenderebbe, in più di una circostanza, reazioni
emotive anche forti da parte di lui. Ma l’emozione agisce in lui sottostantemente,
al di là delle apparenze, e fa ritorno come successiva
resipiscenza o come intuizione che stimola l’agire: come sentimento
interiorizzato. Dal punto di vista emozionale, questo nostro romanzo
è costruito e gioca entro l’opposizione fra, da un lato, il protagoni-
sta che in maniera così trattenuta si comporta, e la manifestazione
dell’emotività, dall’altro lato, dei vari personaggi che egli incontra
e con cui si confronta.
Raffrenare le emozioni: è questa dunque la cifra dell’Atre
Périlleux. Soprattutto dalla parte del protagonista, Gauvain: l’imperturbabile.
Tale imperturbabilità va pur tuttavia gestita e portata
a significato. L’emozionalità da Gauvain tenuta a freno è interiorizzata,
ed appena accennata nel discorso narrativo, e lasciata pertanto
all’intuizione decrittante del lettore. Gauvain, da parte sua, deve
guadagnare a poco a poco l’appercezione del proprio sentire e, a
partire da qui, trasformare in coscienza acquisita, e per via intuitiva
interiorizzata, la maschera dell’impassibilità: quell’habitus proprio
di ogni uomo dell’élite cortese che deve avere fra le proprie virtù
quella della mesure, e del contenimento delle manifestazioni emotive;
una virtù che è però in lui stereotipicamente costruita e meccanicamente
posta in agire.

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1. L’Atre Périlleux, romanzo arturiano in versi databile intorno alla metà del
XIII secolo, ci è stato tramandato da tre manoscritti : B.N. fr. 2168, (ff. 1r-45r),
della fine del XIII secolo = N1; B.N. fr. 1433 (ff. 1r-60r) del XIII secolo = N2;
Chantilly 472 (ff. 57r-77v) della fine del XIII secolo = A (le sigle dei manoscritti
sono quelle dell’edizione di Brian Woledge). Il romanzo è stato edito da B. Woledge:
L’Atre Périlleux. Roman de la Table Ronde, Paris, Champion, 1936. Sulla
tradizione manoscritta si veda Id., L’Atre Périlleux. Études sur les manuscrits, la
langue et l’importance littéraire du poème. Avec un spécimen du text, Paris, Droz,
1930; M. Virdis, Per l’edizione dell’‘Atre Périlleux’, in «La parola del testo», XI
(2005), pp. 247-283. Brian Woledge ritiene spurio l’episodio della Rouge Cité,
tràdito dal solo manoscritto N2, che il filologo pubblica separatamente, in appendice
alla succitata edizione del testo; più di recente M. Maulu, La Rouge Chité: l’episodio
ritrovato dell’Atre Périlleux. Con edizione critica, in «Annali della Facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari», n.s., XXI, vol. LVIII (2004), pp.
175-241, ha convincentemente dimostrato che tale episodio è parte integrante del
testo. Nei riferimenti e nelle citazioni di tale episodio seguirò la numerazione dei
versi facendoli precedere da asterisco, secondo il testo dell’edizione Woledge. Fra
gli studi ricorderò: S. Atanossov, Le Corps mis en morceau dans l’Atre perilleux:
illusion, sorcellerie, magie, in AA. VV., Magie et illusion au Moyen Âge, Aix-en-
Provence, Université de Provence, 1999, pp. 11-19; K. Busby, Gauvain in the Old
French Litterature, Amsterdam, Rodopi, 1980; A. Combes, Sens et abolition de la
violence dans ‘L’Atre Périlleux’, in AA. VV., La Violence dans le monde médiéval,
Aix-en-Provence, Centre Univ. d’Études et de Recherches Médievales d’Aix, 1994,
pp. 151-164; A. Combes, ‘L’Atre Périlleux’. Cénotaphe pour un héros retrouvé, in
«Romania», CXIII (1992-1995), pp. 140-174; S. López Martínez-Morás, Gauvain,
son identité et ses adversaires dans ‘L’Atre Périlleux’, in Homenaxe ó profesor
Camilo Flores, II, Literaturas especificas, a c. di X. L. Couceiro et al., Santiago
de Compostela, Universidade, Servicio de Publicaciónes e Intercambio Científico,
1999, pp. 452-470; L. Morin, Le soi et le double dans ‘L’Atre Périlleux’, in «Études
françaises», XXXII (1996), pp. 117-128; M. Virdis, Percorsi e metodi del tardo
romanzo cortese, in «Critica del testo», VIII (2005), pp. 629-642; Id., Gauvain e il
corpo smembrato: allegorie nell’‘Atre Perilleux’, in «Carte romanze», I (2013), 1,
pp. 131-156; L. J. Walters, Resurrecting Gauvain in L’Atre périlleux and the Middle
Dutch Walewein, in Por le soie amisté. Essays in Honor of Norris L. Lacy, Amsterdam,
Rodopi, 2000, pp. 509-537; F. Wolfzettel, Arthurian adventure or quixotic
struggle for life, in An Arthurian Tapestry. Essays in memory of Lewis Thorpe, a
c. di K. Varty, Glasgow, University of Glasgow, 1981, pp. 260-274. Sui rapporti
fra L’Atre Périlleux e Hunbaut, romanzi accomunati da diversi motivi narrativi
e da una medesima ideologia sottostante, ed entrambi tramandati dal manoscritto
Chantilly Condé 472, si veda P. Serra, ‘Hunbaut’: il percorso allegorico di un romanzo
parodico, in «Rhesis. International Journal of Linguistics, Philology and
Literature», 3 (2012), 2, pp. 143-183 (il contributo è consultabile in rete al sito web
http://www.diplist.it/rhesis/articoli/rhesis_7_2_Serra._Definitivo.pdf). Le citazioni
dell’Atre Périlleux, riportate nel corso di questo articolo, sono tratte dall’edizione
B. Woledge.

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